La Saggezza della Legge 1° parte

Per capire la stupefacente Saggezza della Legge, bisogna dipanare la contraddizione che vuole la creatura costretta ad evolversi, e la sua stessa libertà, che è la condizione imprescindibile dell’essere, senza la quale la creatura sarebbe o schiava o un automa al pari di una macchina.

Come si può dunque conciliare l’invincibile Volontá della Legge di realizzare la Salvezza, con il libero arbitrio dell’essere?

Qui vediamo in azione due principi opposti, in pieno contrasto, ossia il dominio assoluto della Legge e quella della libertà dell’essere.

Cerchiamo di chiarire…

La Legge è stata concepita per funzionare in essa per convinzione, quindi per essere obbedita spontaneamente e non per coercizione.

Così la costrizione è apparsa solo in un secondo momento, cioè a ribellione avvenuta: essa infatti non esisteva nel Sistema, ma si è generata per la necessità di salvare la creatura ribelle.

Inoltre la Legge non è responsabile della rivolta delle creature e della loro disobbedienza: ma una volta che la malattia della rivolta si è innestata, allora è diventata indispensabile la cura.

La costrizione allora è concepibile solo nell’Anti-Sistema e non nel Sistema.

Il fine di tale obbligo però sta solo nel bene di coloro che hanno commesso l’errore, come intervento salvifico.

Riflettiamo: quando un uomo minaccia il suicidio, impedirglielo rappresenta un atto di schiavitù o di bontá? Così potrebbe essere considerato Dio uno schiavista, se vuole la salvezza dei propri figli? No di certo.

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L’azione salvifica della Legge, nel rispetto della libera sperimentazione della creatura, deve necessariamente prendere la forma del dolore quando l’essere si muove in direzione anti-Legge, per permettere alla creatura di imparare la lezione e non cadere più: come un bambino che mettendo il dito nel fuoco, impara a non scottarsi più.

Questa forma di coercizione di fatto non è messa in atto da Dio, come se fosse una volontá nemica diretta contro la creatura, ma è l’effetto di un comportamento sbagliato della creatura contro l’Unico Ordine Esistente, cioè la Legge, la cui reazione non è che la restituzione delle forze mosse contro di Lei dal ribelle: quindi può essere considerata una coercizione indiretta, consequenziale ad un disordine che non può sussistere nel Sistema.

Così vediamo che tutto quanto è accaduto dalla Rivolta in poi è esattamente l’effetto della libertà inviolabile dell’essere. Tuttavia, se la Legge reagisce è perché l’essere è sempre libera di violarla tutte le volte che vuole. Ma questo non può impedire a Dio di rinunciare ai propri piani di salvezza facendo distruggere la propria Opera. 

E di quale Opera parliamo? È la creatura stessa l’Opera di Dio, e salvare la propria Opera significa salvare i propri Figli, così come i Figli che vogliono distruggere l’Opera del Padre, di fatto, stanno distruggendo sé stessi!

Come può infatti Dio di smettere a spingere la creatura sul sentiero dell’evoluzione, anche se duro, se questo è l’unico che porta al Sistema, dove solamente è possibile trovare la salvezza?

L’essere ribelle, che è un essere rovesciato, se non avesse il monito del dolore a frenarlo, continuerebbe la sua caduta libera verso la propria auto-distruzione, ma questa soluzione non può essere permessa da Dio che vuole la vita e non la morte.

La Legge deve quindi conciliare le soluzioni a due problemi opposti: il bisogno di salvezza e quello del rispetto della libertà individuale.

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La salvezza deve essere raggiunta, perché altrimenti fallirebbe l’intera opera di Dio.

Ma non può essere realizzata con la forza perché nessun essere è schiavo nel Sistema. Quindi la soluzione è data dalla reazione della Legge, la cui funzione è quella di insegnare ed educare. E non si educa con la forza. La reazione dolorifica all’errore della creatura quindi ha una funzione pedagogica.

Così la reazione della Legge è solo la risposta automatica alla negatività dell’essere prodotta nella positività del Sistema.

Con la rivolta l’essere ha solo rinnegato sé stesso, senza alterare nulla della Legge, ma ha cambiato solo sé stesso al suo interno, la quale è rimasta inalterata e indelebilmente scritta dentro di lui, in quanto costituisce la sua stessa natura. 

Essendo la creatura un elemento del Sistema, agendo contro Dio, ha agito contro sé stessa, in modo che quella che appare come una reazione della Legge, non sia in realtà altro che la reazione dell’intima e propria natura dell’essere contro la sua stessa rivolta.

Quindi se c’è una reazione della Legge, è nella sostanza, solo la reazione dell’essere che non desidera soffrire e morire. La sua unica “schiavitù” è data dal fatto di essere un cittadino del Sistema, figlio di Dio, cioè della felicità e della vita. La costrizione allora dipende solo dal fatto che l’essere non può vivere al di fuori del Sistema, né smettere di dover tornare al Sistema.

L’impasse in cui oggi ci troviamo, di essere situati nell’Anti-Sistema è dovuto al fatto che siamo liberi, e di aver voluto esserlo troppo!

Mentre l’essere stava nel Sistema, era pieno di libertà ma l’ha persa per l’uso improprio che ne fece. Così l’essere si è lanciato da sé stesso nella mancanza di libertà attuale, e non gli resta se non raddrizzare il proprio comportamento e le proprie traiettorie, se non vuole peggiorare sempre di più le sue condizioni e continuare a soffrire.

La lezione dunque da imparare è che è assurdo e impossibile trovare la positività della negatività, la felicità nella rivolta, un vantaggio nel rovesciamento. Questo spiega la funzione risanatrice ed educatrice del dolore.

Abbiamo dunque visto come Dio usa un doppio metodo: rispettando la nostra libertà, abbiamo il libero arbitrio nel seminare le cause, e il determinismo nel raccogliere gli effetti: il primo temperato rettificato e corretto dal secondo.

Così la sapienza di Dio seppe conciliare la necessità dell’essere di essere libero, con la necessità di venire salvato.

Quanto più l’essere si allontana dal Sistema, tanto più cade nella sofferenza allontanandosi dalla felicità., Perde in positività e sprofonda nella negatività e nella morte.

Quindi se l’essere non vuole annullarsi, deve tornare indietro ed evolversi per uscire dall’inferno che ha generato da sé.

Questo è il bivio: o dover soffrire sempre di più, se vuole continuare a soddisfare il suo desiderio di rivolta, o pentirsi e mutare comportamento e traiettoria, e riconquistare la felicità.

Nelle nostre vite terrene, della grande vita del Sistema, non è rimasto che un povero resto, una vita chiusa nel tempo, in ogni momento frantumata dalla morte. Per questo è solo ritornando al Sistema, il punto finale di arrivo, che ritroveremo la pienezza del nostro essere e della nostra vita, ma per riconquistarla occorre lottare e soffrire molto, per ripercorrere tutta la risalita al Sistema.

Bibliografia di riferimento: Caduta e Salvezza (Pietro Ubaldi)

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