Buongiorno amici lettori,
Oggi vorrei meditare su questo asserto: ama il prossimo tuo come te stesso.
Questa espressione la troviamo riportata per esempio nel Vangelo di Matteo 22,39, ma anche in Luca e in Marco e corrisponde al secondo comandamento del cuore della Legge: il primo corrispondeva ad “ama il Signore con tutta la tua anima, con tutto il tuo cuore, e con tutto il tuo pensiero.”
Partiamo dunque da una prima considerazione, l’ama il tuo prossimo non è disgiunto dall’amore per l’Eterno.
Molti, nell’ama il tuo prossimo, vedono un principio di semplice umanesimo, un concetto dunque immanente, che non travalica il limite dell’umano, ma si sviluppa in un’unica direzione, quella orizzontale. Seppur sarebbe già cosa ottima che questo principio fosse praticato anche solo a questo livello, tuttavia non si limita e completa solo in questa direzione di sviluppo.
Nei due comandamenti della legge mosaica, troviamo un triangolo potenziale: una trinità. Vi è all’apice il Padre, l’Eterno, e alla base il nostro io e quello del nostro prossimo. Non dunque un movimento chiuso, umano, ma un movimento aperto, sostanziale, divino.
Questo sta a significare che nell’altro, nel nostro simile bisogna saper scorgere il Padre stesso, in lui vibra lo Spirito emanato dall’Eterno: Spirito in evoluzione, non ancora perfetto certo, ma sostanzialmente identico al Padre.
Infatti Dio, che per noi è perso come Assoluto in un piano inconcepibile, si presenta a noi nelle sue manifestazioni concrete ed accessibili ed una di queste è attraverso gli altri: attraverso il nostro prossimo.
Una prima considerazione dunque che possiamo ricavare e che non possiamo dire di amare Dio se non amiamo il nostro prossimo, pena contraddizione e una sostanziale ipocrisia: e di conseguenza dal modo e dalla forza con cui amiamo il nostro prossimo possiamo misurare il nostro amore per l’Eterno.
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Ma cosa significa amare?
Amare assume, nel nostro piano attuale di esistenza, due connotazioni: l’uno è il donare, il dare di sé: l’altro è la mancanza, il bisogno dell’altro, il bisogno di Dio.
Cerchiamo di chiarire…
L’amore in tutte le sue forme da quella fisica a quella spirituale si esprime nella sua azione radiante, come dono, elargizione, rinuncia a sé per garantire il necessario all’altro.
Ma poiché noi siamo esseri decaduti dall’Eterno, per via della nostra ribellione, ne abbiamo parlato più nel dettaglio qui, questo amore e questa capacità si è deteriorata, come il nostro essere, riducendosi ad egoismo separatista, cioè in una forma involuta di amore.
L’amore allora, al nostro livello non si esprime immediatamente nel dare, ma si esprime primariamente al negativo come mancanza, indicando un senso di vuoto, dovuto all’incapsulamento del nostro io nella materia: dall’isolamento da Dio e dal tutto. Questo bisogno è la prima spinta dell’essere all’apertura.
Lo stato di egoismo separatista, non è altro che una forma di amore al negativo, che anziché in pienezza si esprime con il vuoto: anziché con la soddisfazione, si esprime con il bisogno. Tutto è rovesciato al nostro livello poiché tale è la posizione dell’essere.
Così evolvendo, l’essere impara sempre più a donarsi per colmare questa distanza che lo tiene lontano dalla Fonte della Vita, che è Dio.
Amore è allora completamento. Nessuno basta a sé stesso. Non posso dare se l’altro non è, e ugualmente non posso riempire una mancanza senza l’altro, né sentirmi completo senza Dio.
Amare è così comunicazione, trasfusione, irradiazione di energie, tra emittenti che si donano l’un l’altro reciprocamente nel bene e in armonia.
Al vertice delle gerarchia dell’Amore vi è il Padre, l’Eterno, che dona a tutto l’infinito e senza cui nessun essere potrà mai essere completo, nemmeno nelle forme più grandi di amore umano.
Se l’essere da solo non è completo, questo significa che chi più impara ad amare sostanzialmente gli altri e più tende a completarsi.
Se l’essere ha necessità di unificarsi, di fondersi, per ritrovare la sua dimensione totalizzante, allora non potrà che ritrovare questa dimensione là dove questa tocca il suo massimo, cioè in Dio che tutti gli esseri include.
È giocoforza che è nelle forma di amore spirituale che l’essere ritrova la vera unificazione, poiché spostandosi dalla materia allo spirito, si evolve e riscopre il vero amore, che è realmente fusione, unità, dilatazione, espansione e coesione di spiriti e coscienze, risonanza e consonanza di vibrazioni.
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Ogni forma di amore se è tale ha sempre una connessione con il bene, se fosse con il male non sarebbe amore, ma qualcos’altro.
Cosa significa dunque amare sé stessi?
Significa amare la nostra natura spirituale, la nostra essenza, che è parto dell’Eterno e come tale abbiamo il dovere di rispettarla, ed averne cura. Cioè allontanarci da tutto ciò che può degradare la nostra natura spirituale, ridurla e inquinarla.
In altre parole elevarci moralmente, spiritualmente, purificando le nostre intenzioni, i nostri pensieri, ed elevando le nostre passioni.
Tenere in salute anche il nostro organismo fisico, preservandone l’integrità, rientra nel corretto amore verso sé stessi, sia con una sana nutrizione che con un corretto stile di vita che eviti eccessi e vizi. Il corpo è infatti un dono che l’Eterno ci ha dato per evolverci e come tale va considerato e rispettato.
Amare noi stessi dunque è agire in modo tale da non nuocere alla nostra integrità spirituale, psichica e fisica, e in secondo luogo beneficiarla di tutto quello che di buono e bene possa nutrirla ed edificarla.
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Chiarito questo punto, allo stesso modo, amare il prossimo deve basarsi sugli stessi punti di cui sopra. Significa amarlo con la stessa forza con cui non amiamo noi stessi: innanzi tutto non nuocendo a lui, e poi beneficiandolo di quel che a lui serve per stare bene: dal punto di vista sia spirituale, che psichico, che materiale.
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La via dell’Amore, è una via che a tutti i livelli comporta una unificazione, una fusione, una comprensione ed un legame tra l’io e il tu, e quindi Dio. Così non è amore quello che fugge dal mondo per isolarsi in un ascetismo individuale che non feconda il mondo.
Nel nostro piano è un puntellarsi tra dono e mancanza, dove il suo centro si sposta sempre in avanti dilatandosi e schiudendosi: dove le capacità di donare sono sempre in aumento e la mancanza si riduce sempre di più. Questa è la conseguenza evolutiva dell’Amore fatta sempre di maggiori stati di pienezza e sempre di minori vuoti.
Il segreto sta nel capire, che è dando che si riceve, che aprendosi ed elargendo che si vanno a colmare le mancanze e si muovono in nostro aiuto le forze feconde della vita. Dio si dona a chi si dona.
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L’unificazione, l’identificazione sembra essere imprescindibile in ogni forma di amore, a tutti i livelli. Mano a mano che ci addentriamo nella sostanza dei fenomeni, vediamo come l’amore si evolva passando da una forma materiale, fisica e caduca ad una forma spirituale, eterea ed eterna.
La base di partenza è nel Nosce te Ipsum, cioè nel conosci te stesso, inteso come presa di coscienza del proprio Sé interiore. Ritrovando la nostra essenza divina in noi saremo così in grado di scorgerla anche nell’altro; nel nostro prossimo.
Così se andiamo a compenetrare l’ama il tuo prossimo come te stesso, quel “come te stesso” ci sta a dire che l’altro è me stesso: non vi è alcuna separazione tra l’io e il tu e Dio, ma completa identificazione, una unità inseparabile.
In oriente si dice Tat tvan Asi, Tu sei quello. Si dissolve, riassorbito, il dualismo, e si ritrova, nelle vertiginose all’altezze dell’Amore, l’Unità.