I 3 voti francescani: Povertà, Castità, Obbedienza

L’atmosfera spirituale mano a mano che si sale si fa sempre più rarefatta, il respiro si fa più corto e la fatica dell’ascesa impone anche qui una selezione, come nel piano biologico animale era la lotta per la sopravvivenza sulla terra con la selezione del più forte, qui diventa una selezione di tipo spirituale, una naturale scrematura per l’accesso ai piani sublimi dello spirito. 

I 3 voti di povertà, castità ed obbedienza, sono una tracimazione di tutti i valori umani, una rinuncia completa che, prima di essere redenzione e ricostruzione del superuomo, è la negazione assoluta dell’uomo.

Per tale motivo essi non possono essere applicati dall’uomo comune che per approssimazioni successive, in base al limite di tollerabilità e sopportazione individuale, nonché della propria possibilità di affermazione spirituale.

Quando San Francesco, imitando Cristo, consigliava la povertà, la castità e l’obbedienza, poneva in questo ideale la negazione assoluta degli istinti fondamentali della vita, istinti che non sono stati liberamente inventati dall’uomo per sé stesso, ma che sono il patrimonio di una lunga evoluzione biologica. Si tratta di istinti naturali, stabiliti da una legge di natura, che costituiscono difetti e bassezze da cui l’uomo deve spogliarsi per ascendere. San Francesco sostituì tre rinunce, tre voti e tre negazioni al programma di vita secolare, universalmente predicato nel nostro mondo in tutti i tempi.” (Pietro Ubaldi, Frammenti di pensiero e di passione)

Francesco, vive ed esemplifica, attraverso questi suoi 3 voti, la mortificazione totale della materia, fino ad un punto di perfezione, per la maggior parte di noi, ancora inaccessibile. Egli contrappone ai 3 istinti fondamentali dell’essere umano quali:

  1. Istinto di possesso
  2. Istinto di conservazione della specie
  3. Istinto di conservazione individuale  

I 3 voti di:

  1. Povertà
  2. Castità
  3. Obbedienza 

Questi 3 voti non sono solo un fatto morale, ma bensì una vera e propria catarsi biologica, un passaggio che guida sostanzialmente alla spiritualizzazione totale l’essere umano.

Al 1° istinto, quello di possedere, ha opposto la regola della povertà; al 2° istinto, quello del procreare, ha opposto quello della castità; al 3° istinto, quello dell’egocentrismo dominatore, ha opposto la regola dell’obbedienza. Così, l’individuo è annientato a livello del subcosciente (istinti) e del cosciente (ragione al servizio degli istinti); il suo passato biologico è schiacciato tutto in una volta, ma alla ricerca di un superamento; la vita, recisa nelle sue vecchie radici, sembra destinata a morire, ma, al contrario, è portata a riemergere più potentemente, in un piano superiore. Questo è il significato biologico e la logica dello spirito francescano.” (Pietro Ubaldi, Principi di una Nuova Etica)

Da una parte abbiamo gli istinti che hanno portato al materialismo moderno, dall’altro tre rinunce che conducono alla spiritualità e all’elevamento morale.

E’ attraverso questi 3 voti che Francesco combatte l’animalità umana, e inizia la lotta più feconda ed utile che si possa intraprendere, quella per la propria ascensione. Le tre virtù francescane rappresentano il ciclo della redenzione, cioè la distruzione completa dell’uomo e la ricostruzione totale del superuomo. Essi desiderano prima di tutto distruggere l’animalità profondamente umana, darle un colpo mortale per eliminarla. La povertà, la castità e l’obbedienza sono per l’uomo comune una specie di morte. Sulle ceneri di questa distruzione inizia il lungo lavoro di ricostruzione. La rinuncia è solo transitoria, un mezzo per raggiungere la più potente affermazione dell’io: questa non è che la prima fase, che prelude alla perfezione.

San Francesco non ha voluto distruggere nell’uomo nient’altro che ciò che c’era di basso e animalesco in lui; non ha combattuto l’attività dei sani istinti umani ma piuttosto il loro abuso; non ha mai perso di vista l’obiettivo principale, che è la ricostruzione di un uomo migliore. Ha combattuto l’amore, ma solo nella sua forma più bassa di sensualità, lasciandolo sopravvivere e addirittura favorendolo come impulso di altruismo verso il prossimo, come impulso dell’anima verso Dio. Ha combattuto anche contro la ricchezza e la proprietà nel senso di cupidigia, di avidità, come fonti di tanto odio e dolore, ma mai nel senso di lavoro. Desiderava prima di tutto un’attività fruttuosa e poi la distribuzione dei beni con probità e altruismo. In questo modo ha contrastato l’espansione della personalità umana solo nel suo aspetto inferiore di orgoglio, violenza e avidità di dominio, lasciandole in compenso un’affermazione molto più grande e completa nel campo dello spirito.” (Pietro Ubaldi)

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Analizziamo per un momento questi 3 voti, e gli istinti che essi vogliono superare.

Come già espresso in un articolo, di cui troverete alla fine il link, la ricchezza non rappresenta in sé un male, né di per sé va condannata: poiché questa rappresenta una forza, una possibilità, un mezzo anche potente per realizzare il bene.

Quello che invece viene condannata, è la psicologia di avidità che naturalmente la circonda, l’atmosfera soffocante che ne emana, il male e la disonestà che spesso accompagna il modo di conquistarla, l’invidia che può suscitare negli altri e le aberrazioni che essa provoca per impossessarsene. 

Così Francesco prende alla lettera le parole di Cristo, e si spoglia di ogni avere vivendo per filo e per segno la legge del Vangelo. Come già detto questo rappresenta un punto di perfezione, ma che in una società come la nostra sarebbe inattuabile da ogni singolo elemento, e nemmeno necessaria, aggiungerei. Così la povertà, non la miseria che imbruttisce l’animo e degrada lo spirito, deve essere intesa come una vita semplice, fatta del necessario: una vita che si basa sul lavoro onesto e la giusta fatica e apporto di ognuno con le proprie capacità all’interno della nostra società. Abbiamo visto come Cristo risolve il problema del superfluo con questa semplice regola: “Il superfluo sia dato ai poveri.”

Chi vorrà introdursi in un cammino spirituale, dovrà poi fare la propria auto-valutazione su quello che per lui è necessario e quanto è superfluo, e si accorgerà che mano a mano che vorrà salire, tante cose che prima considerava indispensabili, non saranno più tali e sarà in grado di liberarsene.

Non parliamo qui del semplice distacco dai beni posseduti, ma di una vera e propria spogliazione del superfluo.

Dunque di fatto la povertà dello spirito francescano, è una scelta che ha in sé il non desiderare se non ciò che mi è necessario per vivere, e possedere tali cose solo nella misura dell’indispensabile. È sia una libertà spirituale, quindi interiore dalle cose materiali, che una vera e propria rinuncia materiale: quindi completa e seria.

La povertà materiale in quest’ottica rappresenta una conquista e non una perdita, compensata da una ricchezza spirituale che di fatto fa anche desiderare di spogliarsi dei propri beni materiali! È una vera e propria sensazione di ricchezza interiore che rimane celata e incomprensibile a chi non vive questo tipo di realtà.

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Il secondo voto riguarda la rinuncia alla sessualità, e quindi all’istinto di procreazione. 

La castità di cui tratto qui è quella volontaria, seguita dal santo, dal mistico come mezzo necessario in vista di maggiori raggiungimenti.

Questa castità non è una rinuncia negativa, sterile, solo volta alla rinuncia del piacere sessuale o della congiunzione anche con fini procreativi tra uomo e donna, ma è la naturale conseguenza di un livello evolutivo raggiunto che come vedremo permette un aumento di potenziale spirituale nelle anime pronte e mature.

Non si fa qui un discorso moralistico ma un discorso che investe il piano biologico, al pari di quello fatto per la povertà.

Questa rinuncia appare una mutilazione del piano animale-umano, che anche qui taglia le radici con il passato per intraprendere una via ascensionale di spiritualizzazione. Questa rinuncia però non riguarda che personalità eccezionali, e che non tocca la maggior parte di noi, ancora radicati in una vita umana, in cui la sessualità riveste un ruolo ancora fondamentale.

Di fatto la sessualità, con la procreazione, permette la discesa nel tempo di quelle anime che devono reincarnarsi, e quindi è cosa necessaria ed utile anche per i fini della vita e della stessa evoluzione. Nessuna condanna dunque, anche se poi, ad una più attenta analisi la sessualità va comunque educata e disciplinata, onde evitare di cadere nell’abuso e nel vizio, e nel disordine interiore.

Diciamo che per l’essere umano comune è già difficile mantenere la fedeltà al proprio partner, onde per cui, bisognerebbe partire da molto più lontano per affrontare il tema di una sana sessualità.

Certo è che tra tutti gli appetiti della materia è probabilmente il più difficile da contenere e da disciplinare, ma è anche la passione più vicina all’amore, Dante poneva di fatto i lussuriosi nell’ultimo girone, all’uscita dell’inferno.

Ma qui dobbiamo vedere i fini ultimi dell’evoluzione, e il suo prodotto finale, cioè l’essere spiritualizzato, nel pieno dominio e controllo della natura animale, fatto di nuovi istinti e orientamenti.

Procediamo…

L’essere casto dunque, è un individuo dotato di una supersensibilità, base di una fecondità che non è più materiale, ma tutta spirituale, a cui la vita ha affidato una speciale missione. Questo risponde a pieno a quel processo di superamento dei piani evolutivi, dove alla rinuncia ad un piano inferiore,  in questo caso la rinuncia nella castità, è preambolo all’affermazione nell’Amore universale.

L’essere casto non vive dunque in sé stesso un senso di privazione, di malessere, di aridità, di frigidità interiore, ma al contrario un senso di potente affermazione, di sublimi sensazioni interiori, di espansione, di calore e di amore poste ad un livello molto più alto, che non ha più nulla a che fare con il piacere della materia.

Così la castità non può essere imposta  a nessuno, in quanto un obbligo forzato. Se il soggetto non ha raggiunto una base evolutiva almeno sufficiente, essa non può che soffocare la vita, provocare deviazioni e vivere di surrogati: tutto tranne che produrre un elevamento spirituale.

Se non si è maturi si hanno  più danni che benefici. 

Invece nell’individuo biologicamente pronto, o almeno avviatosi, la castità può avere la funzione di costringere a cercare uno sfogo più in alto, dato che le vengono chiuse le porte in basso. 

Quando artificialmente venga imposta una diga alla naturale manifestazione di questa energia, avviene in essa come una compressione, un concentramento, il che implica un elevamento di potenziale, portà cioè a far salire il livello della sua manifestazione a forme biologiche più evolute” (Pietro  Ubaldi, Ascensioni Umane)

Dunque la castità serve ad elevare un potenziale energetico, il potenziale del sistema nervoso per poi darne sfogo ad un livello più alto.

Se l’individuo non è maturo, quindi non è atto a salire, anziché avere un aumento di pressione che eleva, la rinuncia alla sessualità avrà un aumento di pressione che opprime e che tende a scoppiare in basso.

Il santo e il mistico, non rinunciano affatto al proprio “io”, ma esso si espande in un “io” tanto più grande in cui comprende, ama ed abbraccia fraternamente tutti gli esseri umani e tutto il creato.

Il momento più intenso della vita del mistico è l’estasi, in cui il suo “io” viene rapito, in uno stato che è affine alla trance medianica, ma che a differenza di questa, che è uno stato passivo ed incosciente, nella trance del mistico la sua coscienza è sveglia e partecipa a pieno al fenomeno.

Nel momento in cui si verifica l’unione mistica, si può verificare l’angor mistico, che sembra riconnettersi al fenomeno sessuale. L’angor mistico non differisce dagli altri spasmi fisiologici accompagnati dal piacere, come nell’orgasmo sessuale, che per il movente e la sede anatomica. 

Nel mistico abbiamo così la sensibilizzazione del plesso simpatico cardiaco, attraverso gli ormoni genitali spasmogeni, che agiscono da eccitante sulle fibre nervose cardiache. Tale fenomeno è espresso allegoricamente dal concetto della Kundalini, che risalendo dalla zona perineale, attraverso i “chakra”, raggiunge il cervello. 

Questi speciali stati organici e nervosi sono connessi a particolari stati spirituali in cui per affinità ci si sintonizza con il pensiero ed il sentimento ad elevate correnti spirituali –nouri– e alla loro fonte di emissione.

Così l’amore evolve, e si passa dal suo livello più basso che è quello sessuale, alle forme più alte che sono quelle spirituali.

La castità prima di tutto è castità di pensiero e sentimento, e solo in secondo ordine una rinuncia fisica e corporea, seppur necessaria al fenomeno di elevazione mistica.

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Il terzo voto riguarda l’obbedienza con cui si vuole annullare l’egocentrismo prevaricante e dominante e rimettere l’io in armonia con la Legge Divina.

Questo voto a parer mio è il più difficile da comprendere ed è quello che crea i maggiori fraintendimenti.

L’armonia con la Legge, che in altre parole significa fare la Volontà di Dio, lascia aperto il campo alla libera interpretazione, al libero sentire individuale, che potrebbero essere infiniti come i gradi di percezioni di ognuno di noi.

Ognuno in pratica lo interpreta un po’ come gli pare, se non addirittura come gli conviene, basandosi sul concetto vero, ma anche subdolo, della libera coscienza.

Ora se da una parte “la voce della coscienza” è la voce Divina che parla dentro di noi, è però tutto da verificare quanto però questa voce sia affinata, educata, sensibile e poi in ultima istanza, se veramente giusta, seguita.

Non dobbiamo dimenticare infatti che noi siamo esseri tutt’ora tendenti a continui moti di ribellione, e questo fatto avvalora ancora di più la Teoria della Caduta, come prova inconfutabile della tendenza dello spirito a mantenere quella traiettoria involutiva che ha cominciato con la propria ribellione nei Cieli.

Il voto di obbedienza richiama infatti alla necessità di emendare il primo grande errore quale fu proprio quello della Ribellione e della successiva Precipitazione.

L’atto di ribellione che diede vita alla Caduta fu un atto di egocentrismo prevaricante, dovuto alla superbia, e alla disobbedienza alla Legge. È giocoforza che la Salvezza non si possa che compiere attraverso l’obbedienza.

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Come allora capire se si sta obbedendo alla Legge o se invece agiamo per puro libero arbitrio, seppur motivati anche da nobili intenzioni? O peggio se pensiamo di essere nel giusto e invece stiamo di fatto solo dando voce al nostro egocentrismo egoista?

L’obbedienza ha due caratteristiche fondamentali direi: la tendenza ad annullarsi in Dio e quella di mettersi al servizio del prossimo, rinunciando alla propria umana personalità: ha il connotato fondamentale dell‘umiltà, del compiere il proprio dovere, senza reclamare diritti. È farsi servo e strumento della Legge.

Se nella castità vi è la rinuncia al sesso, nell’obbedienza vi è la rinuncia all’orgoglio, all’egoismo e all’aggressività.

Così obbedire alla Legge, è vivere per gli altri, in totale altruismo e non per sé stessi. E’ sopprimere l’esagerata espansione dell’io che porta alla lotta inevitabile contro l’espansione della personalità del prossimo. Nel nostro mondo infatti l’infelicità degli altri ha la misura della nostra espansione personale, così Francesco contrappone all’aggressività incosciente, l’umiltà come il correttivo più energico e salvifico.

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Così colui che decide di incamminarsi spiritualmente è un vero e proprio rivoluzionario perché rivoluziona, distrugge e ricostruisce la stessa natura umana. Questa è l’unica forma accettabile di ribellione dell’uomo spirituale: quella contro le sue basse forze istintuali.

Il Vangelo di Cristo e la vita di San Francesco non sono altro dunque che il codice e l’esperienza del superamento biologico e la via di redenzione e salvezza per l’umanità.

Bibliografia di riferimento: Principi di una nuova etica, Ascensioni umane, Frammenti di pensiero e passione (Pietro Ubaldi)

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