Essere o non essere? Questo è il problema…
Questa opposizione di termini esprime il carattere dualistico della nostra esistenza fenomenica. Il dilemma dell’essere, in rapporto alla condizione dell’esistenza, alla sua precarietà: il dilemma su chi siamo, tra la scienza materialistica che vede in noi solo un intreccio di eliche di DNA, e le filosofie e le religioni che proclamano l’esistenza di una natura spirituale.
Il problema di farsi capire da tutti, è una annosa fatica perchè ognuno è fermo e stabile nelle proprie idee, nelle proprie convinzioni, che gli garantiscono quella sicurezza di cui ognuno di noi ha bisogno per vivere.
Quello che noi cerchiamo di fare, è esprimere in termini comprensibili e razionali, logici, concetti piuttosto complessi, e cose che risiedono soprattutto in una esperienza soggettiva, introspettiva ed intuitiva.
Abbiamo già sinteticamente affrontato in altri articoli la contrapposizione tra ereditarietà biologica ed ereditarietà spirituale, trovando il nesso tra queste due verità che completano la nostra personalità.
Seppur esiste una Verità unica, essa è compresa per gradi e tappe successive. Questo è un fatto.
Se è vero che l’illuminazione-intuitiva può erompere gli argini della nostra mente empirica e razionale, lo può fare per maturazione raggiunta, nei gradi in cui è possibile coglierla.
Così quel che cogliamo della Verità e della Realtà potremmo dire essere in funzione della propria posizione nella scala evolutiva.
Sappiamo ormai che la nostra vita contingente è immersa in questo dualismo, così come lo è il nostro essere, la nostra esistenza, la nostra mente e il nostro modo di pensare.
Di fatti siamo costituiti da due metà che si contrappongono ma si completano, che si combattono eppur si abbracciano, che sono in contrasto ma necessitano entrambe dell’altro elemento per evolvere: queste due parti sono lo spirito e la materia.
Nel nostro mondo, la lotta è un elemento fondamentale, strumento di evoluzione necessario.
Così se vi è una ed una sola Legge che tutto regge, questa Legge ha svariati principi al suo interno e pur rimanendo sempre la stessa nella sua sostanza. cambia forma, a seconda del piano evolutivo in cui essa è applicata. Così esiste la legge della forza a livello animale e subumano, corrispondente all’uomo-involuto, con il conseguente dolore che essa comporta, che evolvendo diventa legge di giustizia a livello dell’uomo evoluto, e legge di amore nel piano spirituale, a livello dell’uomo evangelico. Troviamo la legge di gravitazione nella materia, la legge di attrazione nell’energia, la legge di amore nello spirito. Ma è sempre la stessa ed unica Legge che si esprime in vesti diverse.
E anche noi mutiamo, nel continuo divenire dell’esistenza, senza distruggere la sostanza di cui siamo fatti: nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Così si trasforma la nostra capacità di comprendere, così evolve il pensiero umano, le sue passioni ed i suoi desideri, così evolvono le religioni, le filosofie, le civiltà, la scienza ecc…
Tutto è immerso in questa grande corrente che è l’evoluzione che è la spina dorsale della nostra esistenza.
Tutto si muove lungo questa asse centrale spirito-materia, che in senso evolutivo va dalla materia allo spirito, e che in senso involutivo va dallo spirito alla materia.
Così anche i termini Essere o non Essere, Reale e Irreale, Positivo e Negativo, Tutto e Nulla assumono un valore relativo, in base alla posizione raggiunta dall’individuo nel proprio personale percorso esistenziale.
I termini sopra menzionati sono così intercambiabili a secondo del punto e del momento in cui è posto l’osservatore.
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Per noi che viviamo immersi nella realtà fenomenica, nella sua dimensione fisica, corporea e in una mente che è in grado di indagare solo il contingente, attraverso la mente empirica, razionale e riflessiva, ciò che per noi è essere, dunque reale, con segno + (positivo), e che ha un valore affermativo è quello che i suoi 5 sensi captano e che la mente elabora, la realtà empirica e contingente appunto. E il non essere, quindi il segno- (negativo), rappresenta tutto quello che i sensi e la mente non sono in grado di afferrare perché persi nell’invisibile e nell’imponderabile, cioè la realtà dello spirito.
Nel nostro mondo la realtà, quella positiva, si chiama dolore, desiderio: essi sono il valore affermativo. La gioia ed il piacere al contrario hanno valore negativo in quanto noi cerchiamo la gioia per placare il dolore costante della nostra vita, il piacere per soddisfare l’insaziabilità dei nostri desideri, che sono a loro volta alla base del nostro soffrire.
Positiva nel mondo fisico è la realtà del dolore e della fatica, negativa è la felicità che si cerca come tampone alla nostra condizione esistenziale. La vita nel mondo fisico è dunque croce, e la delizia un effimero momento di sosta e appagamento, per riprendere nuovamente la faticosa via della vita.
Nel mondo fenomenico la gioia è mancanza di dolore, ed è appunto per questo che ne sentiamo la mancanza perchè questa, nel nostro mondo, la sua natura. Non sentiamo mai la mancanza di dolore o del desiderio, che sono di fatti una realtà positiva, ma solo quella della soddisfazione e della felicità che sono meramente negativi.
Ecco perché nella nostra vita la gioia è tanto più gioia quanto più fatica ci è costata, quanto più lavoro abbiamo dovuto fare per ottenerla. Tanto più soffriamo e tanto aumenta la nostra capacità di gioire e tante più la nostra vita è facile e comoda e quanto meno siamo in grado di goderne. Questa è una legge della vita da tutti sperimentabile. La gioia non può esistere che come prodotto di un dolore.
Dunque nel mondo fisico reale è il dolore, il desiderio, reale è il corpo con le sue necessità, e tutta la vita è un inestinguibile bramosia di bisogni e desideri, per i quali lottiamo nella nostra vita alla ricerca della loro soddisfazione, per trovarci prima illusi e poi delusi, perchè la vita (terrena) è alla fine solo dolore e tutte le felicità terrene sono caduche ed effimere. Ma a questa vita terrena noi siamo ostinatamente attaccati e la sua perdita, che sopraggiunge con la morte, significa cadere nel nulla: la fine di ogni esistere, poiché la nostra mente non concepisce altro che materia e ancora materia, corpo e godimenti materiali.
Questa è la condizione dell’involuto.
Così affermarsi per l’involuto è vivere nei sensi, e al contrario assopirli equivale ad uno stato di angoscia, ad annullarsi e morire perché niente per lui esiste oltre questo piano materiale. È una posizione psicologica legata al suo momento evolutivo. Per lui la morte è veramente la fine di ogni cosa e per questo è un’angoscia che vuole rimandare fino all’ultimo.
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Nel polo opposto abbiamo l’evoluto, la cui affermazione, e la cui esistenza emerge, al di là dei sensi, oltre la mente razionale. In un piano mentale superiore, che chiamiamo intuizione, e in un elevamento del sentimento che chiamiamo mistico. Così per l’essere evoluto, spiritualmente risvegliato la posizione è opposta a quella dell’essere involuto. Per lui essere è lo spirito, la pienezza della vita è in questa dimensione. Per lui la morte non è la fine di nulla, anzi una liberazione e l’inizio della vera vita.
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Le due posizioni di vita sono di fatto inconciliabili. Dio e il Mondo sono agli antipodi. Affermare la vita su un piano equivale ad annullarla dall’altro e non può essere altrimenti. Spirito e materia si contendono il campo: così come Anti-Sistema e il Sistema. O si vive per lo spirito o si vive per la materia: la via di mezzo è solo una condizione di passaggio, legata al processo evolutivo, destinata ad essere superata. Così la vita materiale annulla la vita spirituale e la vita spirituale quella materiale.
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Dopo queste delucidazione possiamo meglio capire le affermazioni del Buddha che ci dice che la vita è dolore e la liberazione è nel Nirvana che significa appunto estinzione, cioè estinzione del dolore e della sofferenza. Anche in questo caso la verità ultima non è pronunciata dall’Illuminato poiché posta sul piano dello spirito, noumenico, inaccessibile alla ragione e ai sensi. Dunque si parla di Vuoto, di Nulla, ma è un nulla relativo cioè in relazione al piano positivo del mondo fenomenico. Al contrario chi vive nel mondo dello spirito direbbe che il nulla è la vita della materia.
Così ora però capiamo meglio anche il messaggio del Cristo che ci insegna che la vita è dolore, ma che dopo il dolore vi è la gioia! Ecco che con Cristo trova affermazione la vita dello spirito, e Cristo ce lo dimostra attraverso la Resurrezione, il nulla del mondo noumenico diventa ora il valore positivo, reale e la Croce la via per raggiungere la Vera Gioia. Cristo afferma inequivocabilmente l’esistenza del Regno dei Cieli.
Così la vita è un mezzo per raggiungere davvero la felicità, ma non una felicità terrena ma una spirituale, che è la vera ed unica realtà.
I due termini spirito e materia trovano ora la giusta collocazione. La linea evolutiva va dalla materia allo spirito, ed è lo spirito il fine a cui essa tende. Dunque la realtà non può che essere quella del noumeno, dello spirito e la non-realtà quella del fenomeno, che non è che apparenza, distorsione, la grande Maya e illusione. Su questo ogni religione e visione spirituale concorda al di là delle diverse forme esteriori e del linguaggio usato.
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Comprese le due posizioni relative, abbiamo osservato però in precedenza che l’evoluzione porta dalla materia allo spirito. Così tra i due termini quello che sopravvive è lo spirito, mentre il secondo, la materia, si annulla e viene riassorbito dal primo.
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In ultima e stretta analisi possiamo comprendere come il dolore sia funzionale all’evoluzione. Senza di esso non vi sarebbe la spinta evolutiva, e senza mancanza di felicità non vi sarebbe la ricerca della cessazione del dolore. Tutto sta a comprendere che però la felicità, la vera soddisfazione, è posta nello spirito, cioè dentro di noi, sede delle cose eterne, e non al di fuori, dove tutto è transuente.
Se abbiamo visto prima che nella realtà fenomenica la realtà è dolore e la gioia una negazione del dolore, al contrario ora possiamo comprendere che nel piano spirituale la realtà sia gioia e la sua mancanza è dolore.
Questo ancora una volta avvalla la Teoria della Caduta, che ci pone ora come essere rivoltati, a testa in giù, in cui anche la vita si è ribaltata e i valori si siano invertiti con la nostra precipitazione involutiva. L’evoluzione al contrario tende a ristabilire i valori con il loro giusto segno.
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La materia afferma che sua è la vita, la realtà, la pienezza di essere ed esistere, e ciò che è spirito è non essere, è vacuo, vuoto, negazione, irreale, ma allora dobbiamo rassegnarci ad una vita che è solo dolore e accontentarci delle briciole di gioie passeggere, aspettando che la morte annulli tutto.
All’opposto, lo spirito afferma che sua è la vita, la realtà, la pienezza di essere ed esistere, e ciò che è materia è non essere, è vacuo, vuoto, negazione, irreale, maya. Allora possiamo ben accettare il dolore come strumento di ascesa, e usarlo a tal fine, certi che conseguiremo una gioia eterna posta al di là della vita della materia.
Quindi a secondo di come si imposta la vita possiamo domandare : “dimmi come e per cosa vivi e ti dirò chi sei!”….o chi non sei, come meglio preferite.
Bibliografia di riferimento: la dottrina Zen del Vuoto Mentale, (D.T Suzuki), Il Mondo come Volontà e Rappresentazione (A. Schopenhauer) Caduta e Salvezza, Il Sistema, (Pietro Ubaldi)
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