Vangelo e problemi sociali: il problema della violenza

Chi nella propria vita abbia mai preso in mano il Vangelo sa che la violenza è sempre condannata.

Che cos’è la violenza? Essa è l’espressione più viva ed evidente dello stato di lotta, che è l’espressione dell’impulso egoista disgregante prodotto dall’Anti-Sistema. Ecco che, in quanto tale, la violenza sta agli antipodi del Sistema, è anti-Legge e quindi è male e colpa.” (Pietro Ubaldi, Cristo e la Sua legge)

Questa verità però si scontra con la realtà del nostro mondo, poiché se la legge del Cielo ci offre un mondo fatto di pace ed amore, la legge della Terra ci parla diversamente, con la continua necessità di lottare, immersi come siamo in un mondo di ingiustizia e dove le violazioni sono all’ordine del giorno.

In natura l’aggressività è posta come una condizione necessaria alla sopravvivenza, e l’essere umano non ne è escluso, per cui anche per lui assume una forma necessaria alla vita. Lo è stato in passato e lo è tutt’ora, anche quando si esprime non sotto forma di violenza fisica, ma può assumere anche le forze di dominio e sottomissione mentale e psicologico.

La necessità nasce dall’istinto di prevaricazione, per porre il proprio “Io” non solo al sicuro, ma anche al di sopra di tutti gli altri, per garantirsi una posizione privilegiata di comando e controllo sulla vita. Nell’essere umano, inoltre, la violenza assume anche forme peggiori dell’animale, sotto forma di tortura fine sé stessa, fino al sadismo trovando addirittura il piacere nell’infliggere dolore all’altro.

Istintivamente ognuno di noi è portato alla reazione quando abbiamo la forza di porre un contro-attacco, al fine di avere la meglio sui nostri avversari per legittimare il nostro diritto alla vita.

Levoluzione se ammette la violenza a certi livelli di esistenza, tende però ad annullarla mano a mano che avanza. Da uno stato di caos e ingiustizia, la Vita vuole ristabilire un ordine e giustizia, da uno stato di lotta di tutti contro tutti, vuole giungere ad uno stato organico di cooperazione.

Così quello che vediamo accadere nel nostro mondo, è in altri mondi spirituali superato da tempo, vi sono umanità più avanzate capaci ormai di vivere in uno stato organico e unitario, dove la violenza e la prevaricazione sono state abbandonate come inutili e obsoleti strumenti.

Ma non è il nostro caso, come possiamo quotidianamente vedere dalla cronaca. Là dove la violazione alla Legge è la regola, cioè nel nostro mondo, si stabilisce una sequela infinita di ingiustizie, legate da una sequenza di cause ed effetto, dove ogni azione produce una reazione da contrapporre alla precedente, in cerca di giustizia che non è altro che una nuova forma di ingiustizia e quindi di sofferenza per tutti.

Ma nel nostro mondo, noi siamo soggetti a vedere solo le cause prossime, così consideriamo colposa un’azione quando lede un regime di giustizia, e una azione della stessa natura diventa legittima e giusta quando colpisce un regime di ingiustizia.

Il caso è palese nelle rivoluzioni che si sono avute nella storia, dove gli oppressi messi allo stremo, non hanno avuto che altra soluzione che ribellarsi al potere costituito. Naturalmente se le classi dominanti avessero agito con più equilibrio garantendo maggior diritti e prosperità ai popoli sottoposti, tali risvolti violenti non ci sarebbero stati. Dunque la colpa prima è da attribuire ai governanti, mentre la reazione del popolo è da considerarsi legittima, dall’ingiustizia a cui erano sottoposti.

Dunque potremmo dire che in casi estremi, e solo in quelli, la violenza potrebbe essere, al nostro livello legittimata. Un male di tipo anti-Legge, come la violenza, può diventare lecito: cioè quando essa sia necessaria per ristabilire l’ordine della giustizia in un regime basato sul disordine dell’ingiustizia.

La condizione è però valida, solo che non vi sia altra via per ottenere giustizia, il che è anche tutto da dimostrare e da ben pesare. Inoltre vi è anche un altro limite, e cioè la scelta di agire in modo violento, deve essere autorizzato da una estrema necessità che la imponga.

Il che implica una capacità di giudizio e rettitudine, una coscienza morale tale da auto-dirigersi, e una presa di responsabilità di agire la quale ricade tutta su colui che giudica giusta la scelta della violenza.

Come possiamo capire le restrizioni alla violenza sono davvero moltissime, e il riconoscimento della sua legittimità davvero molto esigue.

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Rimane il fatto che se esso a volte è un male necessario, rimane pur sempre un male e come tale ha un incisione negativa sull’essere che se ne fa esecutore e risulterà sempre un debito da sanare.

L’unica via allora per superare il problema rimane quello di evolversi, perché solo l’evoluzione porta il superamento e la soppressione della violenza. Un mondo dove diritti e doveri sia equamente distribuiti, e dove l’essere umano è sempre il fine, e mai solo il mezzo, delle azioni umane, come direbbe Kant.

Una società ideale di esseri intelligenti che hanno compreso la semplicissima legge che chi compie il male o il bene finisce con il farlo sempre anche a sé stesso. Una legge che anche un bambino può capire, senza lauree e titoli accademici, ma che la nostra natura inferiore, fatta di egoismo, orgoglio, presunzione e ignoranza non riesce ad intendere o a cui non vuole intenzionalmente cedere.

Ad ognuno le proprie responsabilità, poiché alla Legge nulla sfugge, e ai gaudenti superbi ricordiamo quanto detto: “guai a voi che ora ridete perché piangerete”. Il nostro conto personale arriva sempre, stiamo certi, a volte fa solo lunghe traiettorie prima di ritornare al mittente che ha emesso l’impulso, ma non può che ritornare la punto da cui è stato lanciato.

La soluzione ottimale sarebbe quella allora di intelligentemente civilizzarsi, in modo tale da tagliare alla radice la catena di violenze che eccita sempre nuove reazioni. Occorre inquadrarsi tutti, in un regime di ordine e responsabilità.

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Rimane però ancora un problema per noi che siamo abitanti del mondo delle violazioni e prevaricazioni. Come possiamo porre rimedio ai soprusi della società? Come dobbiamo comportarci di fronte alla violenza?

La risposta sta sempre nell’accettare le prove che ci arrivano, assorbendone l’urto, e sopportando di buon animo i dolori e le sofferenze che abbiamo meritato a nostra volta per una concatenazione causale in cui anche noi abbiamo commesso il disordine e l’errore, e seminare nuove cause positive in armonia con la Legge.

In ogni attimo infatti abbiamo la possibilità attraverso le nostre scelte, di costruire il destino che desideriamo. Potrà essere un destino felice se seminiamo armonia con la giustizia e l’amore fraterno, o un destino di sofferenza, se seminiamo disarmonia con l’ingiustizia e l’odio.

Per non essere infatti colpiti occorrerebbe essere difatti innocenti. Ma chi di noi può dirsi completamente innocente? Noi otterremo mai completa giustizia se non saremo noi per primi dei giusti. Siamo così incatenati alla sola possibilità di evolverci e diventare delle persone rette e giuste: solo diventando costruttori di bene per tutti, anche per i nostri nemici, vi sarà la possibilità di una prospera felicità per tutti, in cui anche la nostra troverà per diritto il giusto posto.

Reclamiamo giustizia e non comprendiamo che stiamo ricevendo giustizia nella forma della sofferenza, perché la giustizia che noi chiediamo molte volte non è altro che ingiustizia, ossia giustizia capovolta. Questa giustizia non possiamo riceverla se non nella forma capovolta della sofferenza.”  (Pietro Ubaldi, La Legge di Dio).

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La prova arriva sempre a misurare chi siamo, così una stessa prova dà una risposta diversa a seconda di chi la affronta. Sta a noi il compito di maturare interiormente e metterci nelle condizioni spiritualmente appropriate per superarle in armonia con la Legge.

La sostanza dei fenomeni è nel loro intimo, nell’invisibile dove nessuno le vede. Così vi sono esseri “incapaci” per maturazione evolutiva a reagire ai moti violenti; di animo grande che non rispondono all’offensore con la stessa moneta, che arrivano addirittura a superare il metodo della resistenza passiva, che è pur sempre uno scontro tra due posizioni che si combattono. Sono coloro che sono disposti a rinunciare, a fare un passo indietro e a cercare un dialogo, una comunicazione a lavorare insieme al nemico per cercare un ponte su cui si possa edificare un bene comune.

E là dove non sarà stato possibile, comunque si sarà agito organicamente e armoniosamente con la legge di Dio. Se poi il nostro intento non andrà a buon fine, il nostro lo avremo fatto, la palla a questo punto passerà alla Legge con cui il nemico o l’oppressore dovranno fare i conti, ma non più con noi, ma solo con Essa. E tra i due forti, è la Legge a cui spetta l’ultima parola, poiché rappresenta l’unica vera forza in campo, basata su una giustizia inflessibile.

Rimane inoltre per i giusti un ulteriore aiuto, che può sempre intervenire salvifico, anche in condizioni disperate. Tale aiuto provvidenziale può attivarsi per noi, ma solo quando vi siano le condizioni indispensabili per far funzionale la Legge in nostra difesa.

Queste condizioni per far intervenire la Divina Provvidenza sono 5 e sono le seguenti:

  1. Meritare l’aiuto
  2. Avere esaurito tutte le possibilità delle proprie forze
  3. Essere d’accordo con le Sue condizioni in uno stato di necessità assoluta
  4. Chiedere il necessario e non di più
  5. Chiedere umilmente, con sottomissione e con fede.

Ma di questo tratteremo in un altro articolo.

Bibliografia di riferimento: Cristo e la Sua legge, La legge di Dio, La Nuova Civiltà del III Millennio (Pietro Ubaldi)

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