Il Vangelo in merito alla non-resistenza si esprime così: “A chi ti percuote su di una guancia, porgigli anche l’altra…” ed ancora “Voi avete udito che è stato detto: Occhio per occhio e dente per dente. Io invece dico a voi di non far resistenza all’uomo malvagio; ma se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra; e a chi vuol litigare con te per avere la tua tunica tu lasciagli anche il mantello. Dai a chi ti chiede: e non cercare di evitare chi vuole da te un prestito. Avete udito che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Io invece dico a voi: Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano…”
Indubbiamente queste affermazioni sembrano un assurdo se calate nel nostro mondo, dove un atteggiamento rinunciatario alla lotta nei confronti di individui ostili, lascerebbero il campo alla loro facile vittoria, alla nostra piena sottomissione, fino alla possibile perdita della propria vita e dei propri legittimi diritti. Il nostro mondo infatti si basa sulla lotta, e praticare la non-resistenza equivale a non lottare.
Il concetto di non-resistenza evangelica, non include nemmeno la resistenza passiva, la così detta resistenza non violenta, in quanto se pur è passiva è pur sempre una resistenza. Infatti essa non è la non accettazione della lotta per arrivare, attraverso la reciproca comprensione ad un accordo e alla pacifica convivenza, ma è una particolare tipo di lotta per vincere senza nulla cedere all’oppositore. Soltanto non è aggressiva e attaccante, ma passiva, che consiste nel negare concessioni, opponendosi ad un attacco, non con un contro-attacco, ma con l’immobilità della propria posizione.
La passività di tale posizione non significa infatti pacifismo, ma si tratta pur sempre di un metodo di lotta, in cui non si intende affatto rinunciare a ciò che si vuole, sacrificandosi per gli altri, ma si pretende di vincere sul violento con la tenacia nel rimanere saldi ed ancorati sulla propria posizione.
Quindi il Vangelo difatti condanna anche questo tipo di resistenza.
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Il metodo della non-resistenza, consigliato dal Vangelo, si pone completamente in antitesi con il metodo della lotta per selezione.
Nel nostro mondo duale, vi sono due caratteri fondamentali, l’uno di tipo maschile, l’altro di tipo femminile. Il carattere esula in questo caso dalla sessualità di un individuo, anche se biologicamente determinati caratteri sono in prevalenza presenti più nell’uomo ed altri più nella donna, ma qui parliamo di bio-tipo dal punto di vista caratteriale e psicologico.
Il tipo maschio è il tipo aggressivo, attivo, forte, conquistatore, espansionista, dominatore ecc…, il tipo femmina, è il tipo passivo, debole, recettivo, conservatore, sottomesso ecc. Questo dualismo porta ad affrontare la vita in modi diametralmente opposti. Entrambi hanno una funzione e non vi è uno migliore dell’altro: questa differenza era molto marcata un tempo anche tra uomo e donna, a cui la vita affida ruoli opposti e complementari.
Cristo dunque nel suo insegnamento, a chi si sarà rivolto? Al tipo maschio o al tipo femmina? Chi è portato ad aggredire? Chi ha la forza di sottomettere e dominare? Indubbiamente il tipo maschio.
Così la legge di Cristo si rivolge a i difetti di tipo maschile, piuttosto che quelli di tipo femminile. Il Cristo nel Vangelo colpisce sempre i difetti di tipo maschile, anche quando inveisce, con sacro furore, contro i mercanti del Tempio, denunciando tutte le loro colpe.
Nei confronti dei difetti di tipo femmina, come nel caso della adultera, quando rischiava la lapidazione, il Cristo accusa i maschi che volevano lapidarla, e perdona la peccatrice, rea di adulterio, invitandola a non peccare più.
Di fatto il tipo femmina, dolce, obbediente, introverso, passivo, non ha bisogno di essere ammonito e invitato a non essere aggressivo, poiché spontaneamente sarà portato alla non-reazione.
Se vogliamo infatti guardare la donna, propriamente, essa è naturalmente portata all’amore. Biologicamente non è fatta per la lotta, ma per procreare ed accudire, un tempo la donna era dipendente dal marito a cui doveva ubbidire e a cui affidava anche la sua protezione, e di fatto nulla possedeva, perché dipendeva dal lavoro del marito. Era anche abituata a subire la prepotenza del maschio, evitando la reazione. Questo per dire di come il bio-tipo femminile di fatto sia molto più vicino al codice morale del Vangelo rispetto al tipo maschio.
Le virtù naturali della donna erano soprattutto la pazienza, l’accettazione e la rassegnazione, che la pongono naturalmente virtuosa rispetto al Vangelo.
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Il tipo maschio aggressivo, reattivo, tende infatti a respingere il Vangelo, poiché questo lo colpisce nei suoi punti deboli, la forza e l’aggressività. Il tipo femmina, dolce e mansueto, tende spontaneamente ad accoglierlo, poiché in linea con la propria natura. Ma anche il tipo femmina non si trova del tutto nella posizione corretta, nonostante abbia un carattere più vicino alle virtù proclamate da Cristo.
Il problema del tipo femmina è semmai l’opposto, e deve conquistare quella virilità interiore che lo renda forte, e gli permetta di vincere le proprie paure, non lo faccia permanere nella sua passività indolente, e incapace di dirigere la propria esistenza, attendista e sfruttatore, sempre dipendente da qualcun altro che se ne prenda cura, e che interceda per lui e lo protegga: in pratica la colpa del tipo femmina è quella di voler ottenere tutela e favori da Dio, senza agire fattivamente per allinearsi alla Legge.
La Legge rispetto a questi due bio-tipi, interviene a correggere sia l’uno che l’altro. Al tipo maschio che non vuole ascoltare l’invito alla mansuetudine della Buona Novella, lo lascia in balia della lotta che vuole combattere, in modo che sperimenti tutte le conseguenze dolorose del suo agire, pagando i propri errori a tempo debito. Al tipo femmina, che pensa di ottenere favori e vantaggi, nella propria inerzia e passività, dovrà scontrarsi con l’inganno di questa sua falsa credenza, sperimentando la delusione che la propria inerzia improduttiva comporterà.
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La figura di Cristo è spesso associata alla figura dell’agnello, che si sacrifica per amore, e questo è anche vero, ma non è solo questo. La dottrina di Cristo è per i forti, per il tipo-maschio. Cristo non è un debole e remissivo, un passivo, ma è Colui che essendo forte, sceglie di non colpire, che non reagisce per adempiere alla Legge, non perché gli mancherebbe la forza per ribellarsi.
Cristo ha una forza sovraumana, ma che non si esprime con la violenza, e nemmeno con la resistenza-passiva. Cristo non esprime la forza a livello animale, ma la forza di un altissimo livello spirituale, di una potenza morale completamente agli antipodi della violenza.
Cristo è Colui che sa: sa, perché conosce la Legge, che ad ogni colpo inferto, corrisponderà un colpo subito: sa che non serve lottare per imporsi, poiché la persuasione e la convinzione sono gli unici metodi che possono cambiare sostanzialmente le posizioni in campo. Cristo sa che il mondo è lotta perpetua per tutto, e Lui porta un nuovo metodo di vita, che è quello del Sistema da cui proviene, e non dell’Anti-Sistema in cui è venuto a predicare, ad ammaestrare ed a esemplificare, per condurre l’umanità al proprio riscatto e alla propria redenzione.
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“Il metodo della non-resistenza è adatto a sviluppare l’intelligenza del tipo biologico altruista, unitario, che ha superato il piano animale e vive nella fase di collaborazione fraterna” (Pietro Ubaldi, La legge di Dio).
Questo metodo dunque è l’unico che risolve i conflitti perché non genera una continua serie di azioni e reazioni senza fine. L’uomo che si oppone con la forza all’altrui forza, non fa che generare karma continuo, debiti sempre nuovi che dovrà comunque pagare.
Nessuno prende in considerazione le cause lontane che abbiamo generato, e i cui effetti, che arrivano nella nostra vita, si manifestano anche sotto forma dei colpi dei nostri nemici.
Così la saggezza sta nella capacità di assorbire i colpi che abbiamo meritato, in quanto effetti di cause che abbiamo noi stessi generato, e non generarne più di nuove, evitando di doverle in futuro pagare.
Se ora ci arriva qualcosa di negativo vuol dire che il danno è stato già fatto molto tempo prima, e se reagiamo in modo sconsiderato, in violazione alla Legge, cioè con il metodo della lotta, dovremo ripagare nuovamente le conseguenze.
Cristo, praticandolo, con il Suo esempio, ha di fatto condannato il metodo di attacco e difesa, e l’uomo che arriva a mettere in pratica il Vangelo, entra così in un piano di esistenza superiore a quello attuale umano.
Naturalmente questa legge sarà scartata da chi ancora non ha la sensibilità adeguata a coglierne la potenza, e da chi non ha la forza interiore per attuarla, ma almeno, per chi si rende conto della sua validità e importanza, non può che essere da sprone per praticarla nei limiti delle proprie possibilità.
L’auspicio è sempre quello: evolversi, ed evolversi significa superarsi. Quale maggiore limite abbiamo che superare il nostro egoismo, la nostra ira, la nostra superbia? Rimane un fatto allora, inconfutabile: fintanto che non avremmo appreso tutta la lezione del Vangelo, non ci sarà per noi completa evoluzione.
Bibliografia di riferimento: Cristo e la Sua legge, La legge di Dio (Pietro Ubaldi)
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