Buongiorno cari lettori
Oggi voglio affrontare con voi il tema del trapasso, quella che noi chiamiamo comunemente morte, cioè il momento in cui abbandoneremo la nostra veste fisica e ci inoltreremo nei mondi spirituali.
L’argomento sarà trattato in modo logico, rigoroso e positivo, diciamo anche scientifico come vuole la forma mentis dell’uomo moderno, sempre coerente con la Sintesi Unitaria che ci accompagna negli articoli, e che trova ispirazione nelle intuizioni e visioni di Pietro Ubaldi e nell’insegnamento Ultrafanico.
Partirò dunque da questo presupposto: la potenza creatrice del pensiero, che è il principio stesso della creazione, è la legge naturale che regola anche il fenomeno del trapasso.
“Noi, difatti, fabbrichiamo noi stessi con i nostri pensieri, come Dio con l’attività del Suo solo pensiero creò l’universo. Il pensiero è la prima sorgente di tutto. Da qui il Karma, per cui ciò che si semina liberamente, poi fatalmente si deve raccogliere. Posto il principio determinante del pensiero, il resto si svolge logicamente” (Pietro Ubaldi, Problemi Attuali)
Idea-azione-realizzazione, è lo schema unitario e trino che si ripete nell’atto creativo, nel macrocosmo in Dio, come nel microcosmo nell’essere umano, cosicché:
“L’esistenza dopo la morte non è che una continuazione della vita, non più in condizioni fisiche ma psicologiche, come conseguenza del fenomeno psicologico iniziatosi nella vita terrena.” (Pietro Ubaldi, Problemi Attuali)
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La vita di ognuno di noi continuerà il proprio percorso evolutivo seguendo la traiettoria iniziata con la vita terrena, che a sua volta è una conseguenza di una precedente traiettoria, antecedente all’incarnazione fisica dello spirito, e che si svolgerà all’interno di un percorso che è affine alla personalità che l’ha generata.
Così ogni vita avrà un proprio tragitto, una tappa temporanea in funzione del tratto percorso, una posizione corrispondente al piano di evoluzione conquistato con il proprio merito e fatica.
Tutto segue un principio di continuità, che non si slega, come non si slega la personalità dal proprio destino.
La traiettoria dell’intero universo è un impulso che ha l’evoluzione come fine e meta, al pari di quella di ogni individuo che si incarna e si disincarna, più e più volte, per compiere l’intero percorso di ritorno in seno a Dio ed apprendere tutte le lezioni necessarie per riconquistare la posizione perduta con la Caduta.
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La vita, come ogni fenomeno dell’universo, è bipolare, secondo il principio del dualismo: onde per cui da un lato vi è la vita fisica e dall’altro la vita spirituale.
Quando lo spirito si incarna subisce, una riduzione della potenzialità del suo stato di coscienza, coerente con la sua retrocessione involutiva, intesa come passaggio dal piano spirituale a quello della materia, che avviene con l’incarnazione fisica.
Quando lo spirito si libera dal corpo, al contrario riacquista uno stato di coscienza amplificato, concomitante al suo avanzamento evolutivo, cioè il passaggio dal piano materiale a quello spirituale; comunque sempre in rapporto al piano evolutivo raggiunto.
Così quando è incarnato è a lui celato l’inconscio e l’essere è sveglio per lo più nel suo stato di coscienza ordinaria.
Quando è disincarnato la sua coscienza ordinaria si ritira e accede alla consapevolezza dell’inconscio.
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Difatti quando l’anima si incarna nella vita terrena, si immerge nella vita sensoria, e le sue percezioni procedono dall’esterno verso l’interno, cioè raccoglie esperienze che attraverso i sensi, vengono dirette al cervello e al sistema nervoso e poi elaborate e assimilate, per lunga ripetizione, dalla coscienza.
Quando al contrario, l’anima lascia la vita terrena, essa lascia la vita sensoria, e la sua percezione procede dall’interno verso l’esterno, “come proiezione delle impressioni subite, immagazzinate e, per ripetizione, assimilate sotto forma di automatismi.”
Ogni fenomeno, essendo una traiettoria in divenire, non può che seguire la legge di causa ed effetto, a cui è inevitabilmente legato. Così il nostro stato spirituale dopo il trapasso, non può che essere l’effetto di quello che abbiamo fatto, creato, ed esperito nella vita terrena come causa.
“L’esistenza dopo la morte è dunque una continuazione nel piano psichico, della vita precedente nel piano fisico, fino a quando non si riprende corpo per continuare il cammino dell’evoluzione.” (Pietro Ubaldi, Problemi Attuali)
Allora la condizione che troveremo nel piano spirituale, non è che l’effetto della gioia o del dolore che ci seguono dalla vita terrena, come conseguenza di qualità acquisite, in senso positivo o negativo, e che si manifestano nel mondo spirituale come rappresentazioni mentali, e cioè proiezioni dello stato animico del trapassato: conseguenza della sua vita sul piano fisico.
“Nel mondo dei disincarnati, la rappresentazione mentale è tutto. Psicologicamente parlando questo potrebbe chiamarsi uno stato di sogno prolungato, pieno di visioni vivissime, risultanti direttamente dal contenuto mentale del soggetto che le percepisce.”
Così il piano spirituale occupato dal trapassato non può che essere quello che lui stesso si crea con le proprie qualità e con lo stato evolutivo che ha raggiunto. Niente di più, niente di meno.
Ognuno si collocherà “per peso specifico” nella posizione che gli compete, secondo giustizia e merito.
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Ogni posizione raggiunta è pur sempre relativa, sia nel mondo degli incarnati, sia in quella dei disincarnati, poiché lo spirito è pur sempre in evoluzione, quindi in entrambi i mondi vive in una sorta di illusione, di Maya, fin tanto che non avrà concluso l’intero percorso evolutivo, ed avrà avuto accesso al Reale.
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Le nostre percezioni sensorie sono tali perché vi è una “cabina di regia” che le percepisce, questa è lo spirito, grazie all’intermezzo del nostro sistema nervoso.
Di fatto i colori, i suoni, gli odori, il gusto, le sensazioni tattili, non sono che una gamma di frequenze e di lunghezze d’onda, che vengono trasmesse attraverso i sensi e recepiti dalla coscienza. Se non vi fosse questa capacità sensitiva di percepirli essere rimarrebbero semplicemente frequenze ed onde.
È attraverso le vie sensorie che queste vengono tradotte, selezionate e registrate dalla nostra centrale operativa che è lo spirito.
Più lo spirito è sepolto nella materia ed involuto, e più la sua percezione del “reale” si ferma a questa gamma di frequenze. Così per lui è vita vera ed unica vita, la vita dei sensi e quella fisica, e non è vita tutto ciò che è fuori dalla gamma della propria coscienza.
Più lo spirito è evoluto, e quindi risvegliato dal sonno della materia, e più la percezione del “reale” si amplifica e si dilata, comprendendo anche altre frequenze, proprie dei piani spirituali. Così per lui è vita vera quella dello spirito, oltre il piano della materia.
Più si è involuti e più si è addormentati, ignoranti ed incoscienti e la vita è limitata alle poche percezioni che la vita fisica ci consente, e più si è evoluti e più si è risvegliati, consapevoli e coscienti e la vita si espande nelle immense percezioni che lo spirito può captare oltre il mondo fisico.
Tutto questo fa sì che anche con il trapasso vi sia una sensazione molto diversa per un’anima risvegliata e consapevole rispetto ad una dormiente e inconsapevole.
Più l’essere ha imparato anche nella vita terrena ad andare oltre la percezione dei sensi, ha cioè imparato a spiritualizzare la propria esistenza, sviluppando l’intuizione, e aprendo il varco del supercosciente, e più per lui l’evento del trapasso sarà un naturale passaggio, da uno stato all’altro, dal piano fisico a quello spirituale: cosa che gli esseri avanzati nel cammino spirituale sono in grado di fare anche quando si trovano ancora incarnati sul piano fisico. Fu il caso dello stesso Pietro Ubaldi che con pieno controllo, anche durante la vita terrena, padroneggiando la materia, era in grado di “mediare” (da cui la parola medianità) la vita di altri piani di esistenza in piena coscienza, attraverso la propria sintonizzazione e armonizzazione spirituale.
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Il trapasso, seguendo i principi generali dell’evoluzione, ha come ogni ciclo, dei momenti di sosta e di ripresa, di rigenerazione e di attività, di preparazione e di progresso.
Così l’anima che varca la soglia, potrà rigenerarsi dalle fatiche della vita fisica, soppesare il proprio operato che riproietterà mentalmente “davanti a sé” come un film, assimilare, distillare le esperienze, auto-giudicarsi per il percorso intrapreso, e poi riprendere il percorso di evoluzione avanzando nei piani spirituali per poi riprendere altra veste fisica – reincarnazione – e dare continuità al proprio percorso vitale.
Così il ciclo successivo, ripartirà dalle basi che si sono costruite, dalla consapevolezza dei propri errori, dall’aver bruciato nel rimorso le colpe commesse nella vita precedente, dall’impegno a continuare la propria evoluzione compiendo un altro tratto di cammino.
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Ritorniamo ora al concetto espresso a inizio articolo e cioè quello della rappresentazione mentale, e cerchiamo di capirlo più in profondità, spiegando ciò che avviene nei piani astrali, nel momento in cui l’anima entra, con il trapasso, in uno stato dove pesa il proprio operato.
Quando l’anima trapassa, prende contezza di quello che la psiconalisi chiama il subcosciente, quale zona latente dove è immagazzinata la memoria del suo passato. Nello specifico vengono riprodotte sul piano psichico le qualità positive o negative acquisite dall’individuo e la sintesi del suo ultimo percorso terreno.
La disamina che l’anima opererà avrà lo scopo di liberarla da tutte quelle zavorre psichiche che ne imbrigliano la libertà, ne limitino la potenza, ne obnubilano la luce, ne inquinano la purezza, e la separano dall’Unione con Dio e dal Tutto. Ogni tappa, quindi ogni trapasso, successivo ad ogni ciclo nella materia, ha lo scopo di aiutare l’anima, attraverso questa presa di coscienza, a liberarsi di quel tanto di scorie psichiche, che la gravano e la limitano.
Lo scopo è liberarla sempre di più dalle forme-pensiero, fatte di aggressività, egoismo, superbia, avidità, lussuria, accidia ecc…che costituiscono la gabbia in cui lo spirito si è auto-imprigionato con il proprio libero arbitrio e conseguente involuzione spirituale.
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“La vita del disincarnato è data interamente dal contenuto mentale del soggetto stesso che la percepisce. Così un musulmano vedrà il paradiso di Maometto, un indiano il suo Nirvana, un cristiano vedrà angeli e santi, il materialista avrà dopo morte visioni solo negative, vuote, come la pensava da vivo.” (Pietro Ubaldi, Problemi Attuali)
Le visioni mutano in base alla forma mentale dell’individuo e che ne ha fissato le forme-pensiero, le quali ora vengono proiettate come propria realtà soggettiva. Tali forme-pensiero, o creazioni mentali, nello stato del disincarnato senza più corpo fisico, acquistano negli ambienti spirituali, la consistenza del reale, tanto quanto ci appare reale il nostro mondo sensorio durante la vita fisica.
Queste forme-pensiero sono fatte di materia sottile, ed il pensiero ha la possibilità di plasmarla e di creare una propria realtà. Così le forme-pensiero generate non si discosteranno molto dal modo di pensare che lo spirito generava quando era nel corpo, durante la vita terrena.
Dunque in base al nostro atteggiamento mentale e spirituale dominante e abituale, derivate da continue attività ripetute, si vanno fissando in noi delle qualità, di segno negativo o positivo, che riproietteremo dopo la morte e che di fatto saranno il nostro stato animico negli ambienti astrali.
Tali proiezioni continueranno fin tanto che la loro forza creatrice non andrà esaurendosi, cioè fino a quando il legame o forza karmica non avrà sfogato tutto il suo impulso. In pratica la permanenza di un determinato stato spirituale, sarà perpetrata fino a che non muteranno le nostre condizioni interiori, e cioè quando la nostra coscienza si sarà liberata da quelle stesse creazioni mentali che avrà generato in rapporto al proprio stato evolutivo.
Così esaurito l’impulso dei nostri pensieri, termineranno tali rappresentazioni o proiezioni e l’anima potrà essere attratta a dirigersi verso il mondo dei vivi, per riprendere un nuovo ciclo reincarnativo.
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Da questa disamina si può ora comprendere come infiniti e variegati possono essere gli stati e gli ambienti in cui si può trovare un disincarnato. In pratica il buono o il cattivo, il bene o il male che troveremo dipende da quello che siamo stati in grado di conquistare con la nostra fatica e con il nostro lavoro spirituale.
Non un luogo fisico dunque, ma uno stato dell’anima, che in gergo ultrafanico si noma: biotesi, dal greco bios=vita e tesi=stato.
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I nostri pensieri sono quindi come dei semi che si piantano nella nostra coscienza e li vi attecchiscono, crescono e si fissano. Così quando un pensiero si fissa nella nostra mente questo mette radici, sia che sia buono o cattivo. Queste seme cresce e determinerà lo sviluppo della nostra personalità, o della nostra natura spirituale a dir si voglia, dalla quale poi dipende il nostro destino, sia nella vita fisica che in quella successiva.
“Quando noi guardiamo un nostro simile in viso attraverso le forme materiali, noi guardiamo la sua anima. Essa soprattutto ci interessa perché essa è tutto. Eliminata che sia, noi ci allontaniamo con ripugnanza da un cadavere, che è solo una spoglia morta senza più valore alcuno. Questa anima che noi cerchiamo nel volto altrui, è un corpo sottile, come un organismo dinamico di date vibrazioni di natura specifica, il cui insieme definisce quel fascio di forme pensiero e tendenze che si chiama personalità. Queste forme-pensiero sono inseparabili dall’anima, rappresentano la sua stessa natura, in modo, che dovunque l’individuo fugga esse lo seguiranno.” (Pietro Ubaldi, Problemi Attuali)
Così la qualità positiva dei nostri pensieri, la loro armonizzazione con la Legge di Dio, la loro rettitudine, che si esprime attraverso il segno dell’amore fraterno, della comprensione, della positività costruttiva, dello spirito di unione e collaborazione, esprimono la natura della nostra anima, e tracceranno per noi un destino felice.
Al contrario la qualità negativa dei nostri pensieri, disarmonici, egoistici, aggressivi, separatisti, individualisti, avidi e prevaricanti, che sempre esprimono la nostra natura, tracceranno per noi un destino di sofferenza.
Infatti “nello stato di disincarnato l’essere umano si trova nel mondo degli effetti, le cui cause sono state seminate in vita con i suoi pensieri dominanti e le sue opere. […] Paradiso e inferno sono così due stati mentali di gioia e dolore creati da noi stessi, esistenti per ciascuno nella forma da lui stesso generate e non esistenti al di fuori della sua mente. Sono stati o condizioni del tutto spirituali di quell’anima che perduti i mezzi sensori per sentire, resta sempre il centro di ogni capacità sensitiva. Anzi, tanto più ora che è libera dal corpo.” (Pietro Ubaldi, Problemi Attuali).
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Di fondo nel nostro istinto biologico, sia individuale che collettivo, questo archetipo, di gioia e dolore dopo la morte fisica è presente. Seppur possa avere delle differenze culturali a seconda della forma religiosa a cui si appartiene, di base vi è questo presentimento di una punizione o di un premio dopo la vita terrena, dell’idea che una buona condotta debba premiarci e di una cattiva debba punirci. Che la virtù è condizione di felicità e che il vizio condizione di disperazione.
Questo ci dimostra che questo è un fenomeno universale, che tutti coinvolge e non una convinzione presente in una filosofia o in una qualche religione. Questi sono concetti istintivi, comuni a tutti, universali, e non relegati solo all’aspetto religioso, ma è un fenomeno positivo e reale della vita.
Queste idee non nascono con le religioni, seppur esse le hanno divulgate e portate avanti, ma sono innate in noi come un ricordo, un presentimento, direi quasi una certezza che prenderà tutta la sua concretezza nel momento in cui verrà il nostro momento.
Questa realtà potrà ora essere negata dagli scettici e dai materialisti, ma non potrà essere annullata. E sarà scottante per taluni di noi il doversi ricredere.
In fondo al nostro animo è presente questo anelito ad una vita senza fine, sconfinata e felice. L’insaziabilità del desiderio si traduce in questo istinto di evoluzione, che mai si appaga fino a che non troverà la fonte della sua soddisfazione: la realtà dello spirito.
“In fondo all’essere è questo nucleo centrale, l’io, divina scintilla che la Caduta non poté distruggere e che rimane come un ammasso di potenzialità latenti, compresse, addormentate, ma ansiose di tradursi in atto, di espandersi risvegliandosi. In questo “io” è rimasto, nonostante tutto, come scintilla animatrice, Dio. Da Lui, quindi nell’attesa di infiniti sviluppi, nasce l’intimo impulso istintivo dell’evoluzione, che così forma il movimento ascensionale di tutti gli esseri dell’universo”. (Pietro Ubaldi, Problemi Attuali)
Così di vita in vita, trapasso dopo trapasso, attraverso numerosi cicli di vita e di morte, l’anima ascende purificandosi e riconquistando la posizione che è andata perduta con la Caduta, la sua posizione di puro spirito nella vita dell’Infinito.
Bibliografia di riferimento: Problemi Attuali (Pietro Ubaldi)
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