Facendo seguito all’articolo precedente (Il Ciclo della Redenzione), ci eravamo lasciati dicendo che avremmo analizzato le posizioni dell’uomo di fronte alla Legge, per comprendere quale esse siano, al fine di scegliere la via più intelligente e sensata per evolverci, senza le ripercussioni dolorose dei nostri errori.
Per capire su come porci di fronte alla Legge, dobbiamo però brevemente accennare su quali principi Essa si basa. Qui ora daremo solo delle linee generali, lasciando ad altri articoli gli approfondimenti del caso.
La Legge ha come uno dei suoi principi fondamentali quello della rettitudine. Questo risponde a sua volta ai principi di equilibrio e di giustizia, all’interno del Suo ordine.
Va da sé che l’essere umano, se vuole aderire e rientrare all’interno di tale ordine, debba attenersi a questo Suo principio fondamentale.
Principio di rettitudine che equivale a comportarsi secondo giustizia, guadagnando il proprio avanzamento secondo la legge del merito, che ci dà diritto anche al provvido aiuto dell’Amore di Dio. Rettitudine, giustizia, onestà fanno parte di prerogative indispensabili per seguire il flusso della Legge armonizzandosi con Essa. Possiamo definire l’onestà, quell’attitudine a non procurare male agli altri e a noi stessi; incarnando la massima evangelica di non fare all’altro ciò che non vorremo fosse fatto a noi stessi.
Ognuno di noi ha il pieno diritto, infatti, di essere felice, ma solo a patto che la sua felicità non sia costruita a discapito di quella altrui.
Fatta questa necessaria premessa, ma sicuramente non esaustiva, dobbiamo ora immaginarci la Legge come una grande corrente, eternamente in movimento, che scorre irresistibile, che non può essere fermata e non può essere vinta da nessuna forza: una corrente che tutto contiene e da cui nessuno può realmente uscire.
Noi tutti siamo immersi all’interno di questa corrente, ed abbiamo, al suo interno, una certa libertà di azione, necessaria alla nostra sperimentazione e conseguente apprendimento. Sappiamo però ora che la Legge scorre solo in un senso, in una direzione, e con un unico fine: l’evoluzione. Quindi nei nostri movimenti dobbiamo tener conto della direzione della corrente in cui siamo immersi, per non esserne travolti con il nostro stesso danno.
Così ora comprendiamo un fatto nuovo, fondamentale, e cioè che per muoverci all’interno della Legge dobbiamo obbligatoriamente seguire anche il principio di evoluzione, oltre al principio di rettitudine e giustizia che da soli non sarebbero sufficienti!
“Tutto si basa sulla Legge. Ma essa non è solo un principio di rettitudine e giustizia, ma anche una volontà di attuarla, anche una corrente di esseri vivi che, di fatto, la attuano” (Pietro Ubaldi, Pensieri)
Così immaginandoci la Legge come una corrente di un fiume, attua ed è in armonia con la Sua Volontà, solo chi nuota a favore di corrente. Avanzando con il suo sforzo e la propria volontà, ottenendo così il massimo rendimento dell’avanzamento.
Chi invece nuota contro corrente, quindi nel senso opposto della Legge, si muove in direzione involutiva, quindi di allontanamento da Essa, ottenendo un rendimento in negativo, in male.
Oltre a queste due posizioni diametralmente opposte ve ne sono però altre due, che potremmo definire intermedie.
Una è la posizione di chi pur vivendo secondo giustizia ed onestà, non nuota e non attua nessuno sforzo personale per migliorare, pensando di potersi evolvere lasciandosi trasportare dalla corrente. In pratica vorrebbe avanzare senza remare: evolversi senza fatica. Ma come abbiamo visto prima, e lo ripetiamo nuovamente perché è il nodo fondamentale che fa tutta la differenza di questo mondo: oltre al principio di rettitudine e giustizia vi è appunto il principio di evoluzione! La Legge esige, e lo ripetiamo esige, l’adempimento di questo dovere da parte dell’individuo. La propria personale fatica di miglioramento e di evoluzione è dunque lavoro indispensabile!
Così va contro corrente non solo chi non attua il principio di rettitudine e giustizia attuando una volontà contraria a quella della Legge, ma anche chi non compie alcuno sforzo per evolvere!
L’ultima posizione da considerare è infine quella dell’uomo ingiusto, che però non attua una volontà di andare contro la Legge, come il ribelle preconcetto del secondo caso.
Così ora vediamo, per riassumerle schematicamente le 4 posizioni dell’uomo di fronte alla Legge:
- L’uomo giusto che si muove, con la propria volontà, seguendo la corrente della Legge
- L’uomo ingiusto che si muove, con la propria volontà, contro la corrente della Legge
- L’uomo giusto che non si muove e rimane inerte, ma che non lavora per evolvere
- L’uomo ingiusto che non si muove e rimane inerte, ma che non lavora per involvere
Gli ultimi due tipi, posizione 3 e 4, poiché inerti, sono entrambi colpevoli e passivi di dolore, come conseguenza della loro pigrizia, anti-vitale, anti-evolutiva.
Dunque solo nel primo caso, l’uomo è in armonia con la Legge e nell’unica posizione corretta, in quanto lavora fattivamente per evolvere.
Nel secondo caso vi è la posizione più grave, perché vi è l’ostinazione di continuare a sbagliare, in aggiunta a tutte le qualità negative dell’individuo.
Nel terzo caso, quello del giusto ma inerte, troviamo una posizione di stasi, poiché le sue qualità positive di essere giusto, in accordo dunque con la Legge, sono neutralizzate dalla qualità negativa di non seguire la corrente positiva evolutiva, quindi il principio di evoluzione. “La negatività dell’inerzia che rifiuta l’evoluzione annulla la positività della rettitudine.” Questo segna la stasi evolutiva, che avrà anch’essa la sua necessaria quantità di dolore per smuoverlo da questa staticità.
Nel quarto caso, quello dell’ingiusto ma inerte, troviamo un individuo che è in opposizione alla Legge, rifiutandosi di lavorare per evolvere. In più aggrava questa sua posizione con le sue qualità negative. Così somma all’inerzia evolutiva anche il suo essere ingiusto: a differenza del terzo caso dove l’inerzia evolutiva è compensata dall’essere giusto. Dunque in questo quarto caso vi è un aggravante rispetto a quello del terzo.
Però l’individuo del quarto caso si trova in vantaggio rispetto a quello del secondo, perché mentre il secondo ha una volontà diretta in piena posizione anti-Legge, che corrisponde alla posizione peggiore possibile, costui ha almeno l’attenuante di non svolgere volontariamente un lavoro di opposizione: infatti la sua inerzia ostacola il suo retrocedere che lo porta meno in basso rispetto all’individuo del secondo caso.
L’inerzia, dunque, di fronte alla Legge è comunque un errore da pagare, e il non fare può rappresentare la prima fase del ciclo di redenzione –ignoranza/errore– che costituisce la base per il successivo dolore riparatore. Il debito karmico da saldare. Così anche chi non fa nulla, né in bene né in male sarà sottoposto alla dura prova della sofferenza che ha lo scopo di eccitare e stimolare l’attività dell’anima.
Per concludere è bene però capire che lo scopo e il fine della Legge di Dio è di portare tutti, tutti, a Salvezza, e vi riuscirà infallibilmente. Esiste di fatto solo una teorica possibilità che l’essere perpetri ad oltranza un comportamento in direzione involutiva (quella peggiore del secondo caso). Ogni posizione di fatto che non sia la prima (la migliore, l’unica posta in direzione di corrente con il nostro fattivo contributo), comporta in sé la creazione di un debito karmico con il suo conseguente fardello di dolore necessario, perché di fatto rappresenta una resistenza al moto della Legge la quale sospinge l’essere e a sviluppare l’intelligenza affinché diventi un individuo del primo tipo.
Ecco che diventa indispensabile una costante volontà di progresso interiore che spinge l’essere a migliorarsi per sé stesso, per gli altri, per Dio.
Abbiamo ora meglio compreso la posizione più intelligente, vantaggiosa ed utile che possiamo assumere nella nostra vita per giungere prima alla nostra Meta evitandoci una gran mole di sofferenza legato al nostro disordine interiore!
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Bibliografia di riferimento: Pensieri, La Tecnica Funzionale della Legge di Dio, Evoluzione e Vangelo (Pietro Ubaldi)
3 pensieri riguardo “L’uomo di fronte alla Legge di Dio”