«Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Ama il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti» (Matteo 22,37-40)
Questi sono i due principali comandamenti sull’amore espressi nei Vangeli, che riportano il cuore della Legge.
L’oggetto della nostra riflessione è di capire l’importanza di questi due comandamenti, fondati sull’amore, capire meglio cosa sia questo amore, di cui consapevoli o meno abbiamo tutti necessità, della sua utilità ai fini dell’evoluzione e conseguente salvezza, e di come esso venga a volte erroneamente interpretato.
In questi comandamenti abbiamo 3 soggetti: l’”Io” di Dio, il nostro “io” e l'”io” del nostro prossimo.
Questi 3 soggetti costituiscono un triangolo, che ha l’”Io” di Dio al suo vertice, e gli altri due “io” minori alla base. Ma nel loro insieme costituiscono una Unità.
La Legge, e quindi Dio, rappresenta il punto di riferimento, l’apice, il metro assoluto di misurazione, l’etica universale di riferimento, e l’amore nella sua massima possibilità, in quanto contiene in sé tutto ciò che esiste. Essa rappresenta l’Ordine e il Tutto positivo.
L’essere umano attuale, invece, come conseguenza del suo allontanamento da questo Ordine, a causa della sua ribellione e caduta, è posto al polo opposto, nel disordine e nel tutto negativo.
In pratica noi viviamo in una posizione rovesciata rispetto a quella in cui vivevamo come Scintille Divine nell’Infinito. Se prima vivevamo nell’unità, con la caduta si è generata la dualità, e l’involuzione di tutti i caratteri positivi dell’Infinito, ha dato vita ai caratteri negativi nel finito, nel tempo, dove noi oggi viviamo.
L’amore si è fatto odio, la gioia dolore, la pace guerra, l’altruismo egoismo, l’unione separazione, il collettivo individualità etc….
Tutto questo è fondamentale rammentarlo, per capire la causa della nostra forma mentis attuale, della nostra psicologia capovolta rispetto ai valori espressi dalla Legge di Dio, della Sua etica e del Suo pensiero. Solo inquadrandoci e conoscendo le leggi del funzionamento organico dell’universo, avremo a disposizione una bussola con cui poterci orientare e correggere.
Tornando ai 3 soggetti, il primo, Dio, è l’unico termine assoluto, mentre le creature, tutte, erano, sono e saranno sempre dei relativi. La nostra posizione, è e sarà sempre relativa, poiché è vincolata alla nostra natura di figli, rispetto al Padre.
Inoltre, nella nostra situazione attuale, di esseri in divenire occupiamo una posizione relativa, non solo come rapporto tra Creatore e creature, ma anche come creature in evoluzione lungo il cammino di ritorno verso Dio; relatività che è sotto in nostri occhi nella nostra psicologia, nella nostra morale, ed anche nel nostro modo di amare.
“Tutto è rovesciato nel nostro ambiente terrestre, per cui si crede debole e si condanna come uno sciocco chi si sacrifica per il bene del prossimo. Questo spiega perché c’è un assoluto antagonismo tra il mondo e il Vangelo, perché esistono, e cosa significano quei due metodi opposti. L’uomo del dovere si sacrifica, ma costruisce nell’ordine, l’uomo della forza trionfa per il proprio vantaggio, ma distrugge perché è ribelle all’ordine” (da: Caduta e Salvezza, Pietro Ubaldi)
Da questo breve passo, osserviamo quindi due posizioni diametralmente opposte, quella del mondo e quella del Vangelo. Il metodo della forza che vuole il proprio vantaggio, e che afferma il proprio “io”, e il metodo del sacrificio del Vangelo, che rinuncia a sé stesso a favore del prossimo.
Due psicologie differenti, che rappresentano due poli contrapposti, di segno ( – ) quello del mondo, essendo conseguenza della caduta e della rivolta all’Ordine Divino, e di segno ( + ) quella del Vangelo, essendo espressione dell’Ordine della Legge.
Così i santi, che vivono e incarnano i valori positivi della Legge, sono giudicati pazzi, perché mortificano i valori del mondo, e la loro vita rappresenta una perdita per chi vive ben radicato nella materialità: viceversa per i santi sono pazzi coloro che vivono nel mondo, così attaccati al loro ego e alla materialità, da preferire questi alle ricchezze e alle gioie spirituali.
Tutto è relativo rispetto alla posizione occupata dall’individuo, e dalla direzione in cui è orientata la sua vita. Il santo è diretto verso il polo (+) e incarna i valori positivi e reali della Legge, l’uomo del mondo verso il polo (-) e incarna i valori negativi e illusori della materia. Così tra i due il vero pazzo è colui che segue il mondo e le sue menzogne, ignaro della Legge del suo funzionamento e delle sue regole.
Come abbiamo visto, la psicologia distorta del mondo, fa apparire ciò che è negativo come positivo, e ciò che è positivo come negativo. Così nel mondo si da risalto, all’affermazione del proprio io, ai valori della forza e dell’astuzia, e i semplici, gli onesti e i buoni sono derisi e sfruttati.
Anche l’amore risulta inquinato e deturpato delle sue qualità originarie. Con la Caduta non si è involuto solo l’essere ma tutti i valori che egli possedeva. Così nel mondo si parla di amore ma è egoismo, la libertà è involuta nella possessività, la felicità non è il bene dell’altro ma la propria soddisfazione personale.
Nel nostro mondo, anche gli Ideali sono interpretati, corretti, ridotti in funzione alla forma mentis dell’essere umano. Gli stessi insegnamenti spirituali sono inquinati dalla nostra psicologia, che ci pone sempre e comunque al centro di tutto. La creatura non smette di essere un ribelle, come lo fu la prima volta.
Il nostro egocentrismo egoista, emerge sempre, mascherato anche nella pseudo-spiritualità attuale. È così che alcune correnti di pensiero parlano della necessità di volersi bene, e di amarsi come prima condizione per iniziare un cammino spirituale. Si parla di conquista della libertà, liberazione da ogni forma di potere e auto-determinazione che ha più il sapore di una rivolta esteriore, in cui si ricalca il proprio istinto di auto-affermazione -istinto primitivo inferiore- piuttosto che di una evolutiva trasformazione interiore.
L’essere umano è ancora immerso nella psicologia delle immediate realizzazioni, dei guadagni nel breve termine, dell’affermazione di sé stesso, dell’esaltazione del proprio egocentrismo, della tutela dei propri interessi, e lo fa in ogni campo, anche in quello della spiritualità.
Questa sua psicologia capovolta è il grande errore, che determina i mali della creatura, che si trova quasi sempre a mettere sé stesso quale punto di riferimento, e quindi a riadattare e interpretare gli insegnamenti della Legge a modo suo.
L’essere rivoltoso, aderendo a questa corrente venefica, da lui stessa generata, rimane ribelle a qualsiasi idea di obbedienza all’Ordine della Legge, in quanto vorrebbe una libertà anarchica senza disciplina, affermando con la forza del proprio orgoglio la propria autonomia da Dio e da tutti, credendosi così autorizzato a poter fare ciò che vuole e sente.
Si ripete, così, continuamente lo schema della prima rivolta!
Tutto questo però è un grande inganno, e l’essere ne dovrà necessariamente pagare le conseguenze, in quanto la vera libertà, la vera felicità, la vera pace interiore è data dall’adesione della nostra volontà alla Volontà di Dio, e nel vivere e incarnare il significato profondo dei suoi insegnamenti. Dio non si può ingannare, e la creatura finisce, così, solo per ingannare sé stessa.
Da qui l’importanza del comandamento riportato e la necessità di mettere al primo posto Dio: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente.» È la necessità di rientrare nell’Ordine che abbiamo tentato, a nostro discapito, di rovesciare. E’ la necessità di sostituire la parola “io” con Dio, di lasciare spazio a Lui nelle nostre vite, e non di aumentare invece il nostro orgoglio individuale.
Torniamo ora sulla seconda parte del comandamento: «Ama il prossimo tuo come te stesso.» L’amore implica, dunque, una relazione, il rapporto tra il nostro “io” individuale e il nostro simile. Per relazione qui intendiamo, non solo la relazione sentimentale, ma una relazione di tipo fraterno, umanitario e cooperativo, in cui viene a far parte anche la relazione sentimentale se basata su presupposti spirituali. Più sarà grande la nostra capacità di amare e più grande sarà il cerchio che includerà un sempre maggior numero di esseri, partendo dai propri affetti più prossimi, fino ad includere, secondo il principio delle unità collettive, gruppi sempre più vasti per giungere a comprendere l’umanità intera e le altre umanità presenti nell’universo.
Come l’essere, dunque, deve amare sé stesso, per amare allo stesso modo il suo prossimo? Cosa significa Amare? E di che tipo di amore stiamo parlando?
L’Amore ha sempre il segno +, di positività, esso è gioia, godimento, soddisfazione. L’Amore che qui intendiamo, come abbiamo poco fa detto, è quello con la A maiuscola, l’amore sostanziale, non quello torbido delle umane passioni impregnato di egoismo e possessività, e che rappresenta un decadimento della sostanza originaria, dovuto alla ribellione, e che ne è un lontanissimo e vago ricordo.
Quindi, la creatura non dovrebbe amare il prossimo con questo tipo di “amore” denaturato e involutosi con la sua caduta. Ne dovrebbe amare sé stesso con questo presupposto di egocentrismo-egoista.
Ma dovrebbe, bensì, tendere progressivamente ad espandere il proprio egoismo trasformandolo in altruismo. Sostituire l’orgoglio con l’umiltà. Quindi attuare un decentramento del proprio “io” nel prossimo, e in Dio.
In questo consiste l’evoluzione dell’egoismo in altruismo. In questa apertura è la trasformazione alchemica del piombo in oro, la morte iniziatica e la rinascita spirituale.
Dio, e la Sua Legge, rappresentano, infatti, il massimo grado di Amore, quindi di felicità, di bene, di vita, e quindi di positività a cui l’individuo possa aspirare. Tanto più l’essere si riavvicina a Dio, e tanto più semina per sé bene, e gioia, tanto più l’essere si allontana da Dio, e tanto più semina per sé male e dolore.
Quindi tutto ciò che ha il segno positivo, di bene, di gioia ha il segno di Dio ed è costruttivo. Tutto ciò che ha il segno negativo, di male, di dolore ha il segno della creatura ribelle al Suo Ordine, ed è distruttivo.
Ciò è inevitabile ed è comprovato dalla realtà che viviamo quotidianamente.
Cosí, l’unico modo in cui la creatura può amare veramente sé stessa è avvicinarsi sempre di più al Padre e conformarsi, in obbedienza, alla Sua Legge. Amare sé stessi è, così, essere armonizzati alla Legge, seguire la Volontà di Dio e non la propria. Mentre il più delle volte la volontà della creatura è orientata, dalla sua psicologia rovesciata, a seguire il proprio utile e vantaggio, ergendosi al di sopra degli altri.
Di fatto seguire l’amore è seguire tutto ciò che non ci nuoce e non nuoce nemmeno agli altri, ma anzi porta a noi e agli altri un beneficio. Sarebbe di fatto un controsenso un amore che possa portare nocumento a qualcuno, ed anche a noi stessi.
Cosa significa, dunque, Amare?
Amare significa 2 cose fondamentalmente, la prima è donare, la seconda è comprendere. Donare è sinonimo di morire a noi stessi, comprendere è accettare senza contrapposizione.
Morire è condizione necessaria alla rinascita. Se dunque l’”io” non muore a sé stesso, non può rinascere e trovare una nuova vita, più grande, ed una conseguente gioia, più grande.
E questa rinascita è di fatto un traboccamento dell’io fuori dai propri confini, un naufragare nell’altro. Così per imparare ad amare dobbiamo uscire dal guscio del nostro egoismo. Nota dominante dell’amore, è il disinteresse, l’abnegazione, la rinuncia a sé, lo spirito di sacrificio e la sensazione di espansione e di gioia che ne consegue.
L’essere che si è ribellato incapsulandosi nel proprio egoismo, voleva rovesciare la Legge di Dio ed ha finito solo per rovesciare sé stesso. Così ora per percorrere la via di ritorno, è il nostro egoismo che deve essere rovesciato disfacendolo nell’altruismo.
Bisogna sacrificare l'”io” in amore, costi quel che costi. E tanto più saremo in grado di aprirci a Dio e ai nostri simili, faticando in ascesa, e tanto più grande sarà la gioia che conquisteremo.
Allora l’unico modo che ha l’essere per amare sé stesso, è andare verso Dio, donando di sé ai propri simili, accettandoli e comprendendoli. Poiché se vuole fare il proprio bene, questa è la strada, e non pensare ai propri vantaggi egoistici e al proprio tornaconto personale.
“Non illudiamoci di poter giungere a Dio, come oggi siamo fatti, da soli, ma solo fusi tutti insieme, abbracciati al nostro nemico a cui avremo perdonato, all’ignorante a cui avremo insegnato, all’inferiore che avremo sollevato al nostro livello, al malvagio che avremo trasformato in buono” (Il Sistema, Pietro Ubaldi)
Se vogliamo proprio leggerla dal punto di vista utilitaristico, è proprio amando gli altri e Dio che la creatura fa il proprio bene e quindi ama sé stessa. È un errore quello di pensare di metterci prima l’animo in pace, aver soddisfatto tutte le nostre necessità e poi dare qualcosa agli altri, questo è uno sbaglio che facciamo dalla nostra posizione, ancora lontana dalla Legge e da quella conoscenza sostanziale che ci può realmente orientare verso la salvezza e la felicità.
Questo non significa che l’individuo non debba avere momenti per sé stesso, dove si nutra attraverso momenti di solitudine e di ritiro interiore, attraverso forme di meditazione e riflessione. Ma significa che questi momenti, devono produrre poi un’opera sostanziale, a pro del prossimo. Altrimenti anche questi momenti diventano infecondi, egoistici e prendono segno negativo.
Tutte le volte che pensiamo di essere sulla strada giusta, e le necessità del nostro prossimo ci irritano o ci smuovono un senso di fastidio indisponendoci, suona per noi un campanello di allarme, che ci rammenta ancora i nostri limiti ed il nostro livello di evoluzione, e che ci dice che in fondo non sappiamo ancora amare poi così tanto gli altri, Dio, e quindi, in realtà, nemmeno noi stessi.
Risulta quindi, indispensabile, tendere verso l’Ideale Superiore, rappresentato dalla Legge di Amore, per perfezionarci nell’amore spirituale e nella sua pratica. Dire che ci dobbiamo accettare con i nostri limiti, per quello che siamo, è valido solo a metà. È valido come punto di partenza, nel conoscere sé stessi, ma diventa colpa, quando si trasforma in inerzia e stagnazione evolutiva. E quando l’acqua ristagna, puzza.
Il segreto dell’Amore è quindi nel dare e nel comprendere. Irradiare ed includere.
Concludiamo con questa meravigliosa preghiera di Francesco, che in semplici parole racchiude la sostanza dell’amore, del dare e del comprendere:
“Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace: dove è odio, fa ch’io porti amore, dove è offesa, ch’io porti il perdono, dove è discordia, ch’io porti la fede, dove è l’errore, ch’io porti la Verità, dove è la disperazione, ch’io porti la speranza. Dove è tristezza, ch’io porti la gioia,dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.Maestro, fa che io non cerchi tanto:Ad essere compreso, quanto a comprendere.Ad essere amato, quanto ad amare Poiché: è: Dando, che si riceve: Perdonando che si è perdonati; Morendo che si risuscita a Vita Eterna.”
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Bibliografia di riferimento: Il Vangelo (di Matteo), Il Sistema, Caduta e Salvezza (Pietro Ubaldi)